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Sabato 27 Aprile 2024

Uscita al museo del baco da seta con gli anziani di S. Croce - Aprile 2018

11 Aprile 2018filanda

Uscita al museo del baco da seta con gli anziani di S. Croce e di S. Lucia di Piave

Mercoledì 11 aprile abbiamo accolto l’invito da parte degli ospiti di S. Lucia di Piave per visitare il museo del baco da seta a San Giacomo di Veglia.

E’ stata una esperienza sorprendente perché molti anziani hanno allevato personalmente il baco da seta nella propria casa, pertanto la visita ha suscitato moltissime emozioni.

Interessantissime notizie sono state illustrate dalla guida, la quale ha coinvolto molti dei nostri anziani.

Volevo in questa occasione, per chi non conoscesse bene la storia del baco da seta, darvi delle informazioni.

Il Baco da Seta ("el cavaliér" in dialetto locale)

Il baco da seta è la larva dell'insetto Bombyx Mori (bombice del gelso) che, prima di raggiungere nello stadio adulto la forma di una farfalla, subisce numerose trasformazioni (metamorfosi) attraverso un complesso ciclo vitale.

BACO

L’industria bacologica vittoriose è stata sicuramente avvantaggiata dalle condizioni ambientali particolarmente favorevoli per la gelsicoltura e per l’allevamento del baco da seta. Il territorio collinare esposto a mezzogiorno e con declivi lievi è infatti caratterizzato da un clima mite, senza nebbie e con una piovosità abbondante in primavera, quando si verifica la fogliazione del gelso; inoltre, non ci sono forti escursioni termiche, alle quali il baco è molto sensibile. Le varietà altimetriche della zona garantivano poi diversi periodi di sviluppo della foglia del gelso, consentendo di scaglionare strategicamente l’inizio degli allevamenti. Ne derivava il grosso vantaggio di distribuire in un tempo più lungo le fasi di lavoro presso gli stabilimenti bacologici. I versanti soleggiati delle colline cenedesi permettevano di avviare allevamenti precoci già nella prima metà di aprile; nelle zone montuose di Serravalle, della Valle Lapisina e dell’Alpago, la fogliazione e dunque l’allevamento del baco iniziavano invece verso metà maggio, quasi un mese dopo.

GELSO

La gelsicoltura, fondamentale per il nutrimento dei bachi, rappresentava un innesto e non uno stravolgimento nel radicato modello produttivo basato su cereali e vino. I gelsi infatti erano maritati alle viti e lo spazio intermedio tra i filari delle vigne restava libero per la cerealicoltura.

La manodopera richiesta era di facile reperibilità, potendo essere impiegati le donne, gli anziani e i bambini della famiglia, che non dovevano essere pagati. Il lavoro si riduceva poi a circa 30 giorni, concentrati tra aprile e giugno, periodo in cui non erano ancora iniziate le grandi fatiche agricole estive.

Nel 1936 in provincia di Treviso erano 40.000 le famiglie di contadini che allevano bachi da seta; per queste, i soldi ricavati dalla vendita dei bozzoli (gaéte) costituivano il primo guadagno dopo il lungo inverno e una delle poche entrate in denaro contante.

I bozzoli avevano due possibili destinazioni: la filanda o gli stabilimenti bacologici.

FILANDA

La maggior parte dei bozzoli era condotta all’ammasso e quindi all’essiccazione per ricavarne in filanda il filo di seta. I bozzoli provenienti dagli allevamenti da riproduzione erano invece trasferiti negli stabilimenti bacologici specializzati nella produzione e vendita del seme-bachi. Qui, dopo una cernita, avvenivano la sfarfallatura controllata e l’accoppiamento.

Le famiglie degli allevatori di bozzoli da riproduzione erano scelte con particolare cura, dovendo garantire dei bozzoli con crisalidi vive in ottime condizioni ottenute nel rispetto di precise prescrizioni.

L’operazione della filatura consiste nel trarre dai bozzoli un filo di seta continuo e dallo spessore costante unendo più bave non sufficientemente resistenti per essere utilizzate singolarmente.

Tale operazione è rimasta un’attività di carattere domestico e artigianale fino alla fine del XVIII secolo, quando hanno iniziato a essere costruiti i primi stabilimenti meccanici di filatura. A Vittorio Veneto le prime filande risalgono agli inizi dell’Ottocento.

Il lavoro stagionale all’interno di queste strutture ha rappresentato una risorsa importante per numerose generazioni di donne. Oltre al fondamentale contributo apportato a una economia agricola di sussistenza, la vita da operaie, pur dura e faticosa, ha permesso di sperimentare forme nuove di socialità e di affermare la consapevolezza della forza del mondo femminile. Entrando in filanda giovanissime, le operaie accedevano progressivamente ai diversi livelli di lavoro: scoatína, ingropína e mistra; solo le più attente e capaci arrivavano però a questo ultimo grado di filatrice.

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